giovedì 28 maggio 2015

La signora del Macramè


L’Expo punta i riflettori su Milano ma, per chi da quella stessa città è partito un giorno per scoprire altrove una nuova casa, è un evento come un altro?

Non sappiamo molto di questa scelta. Forse gli occhi di Aldina volevano aprirsi su un campo di grano e non sulle spighe dorate che svettano tra i grattacieli? Forse i prodotti del territorio voleva ammirarli nelle piccole botteghe del centro storico e non in un padiglione-cascina?

Forse ha seguito semplicemente il suo cuore, o la seduzione del Macramè.

Il Macramè, ci ha spiegato, non è un tessuto.

È una tecnica, alla cui base sta la conoscenza di 5 o 6 nodi, su cui può costruirsi un sistema complesso e articolato. Per sua natura non richiede strumenti particolari ma solo un appiglio per poter tirare i fili che devono chiudere il nodo.

L’abbiamo incontrata nella sua bottega, intenta ad annodare con perizia e pazienza i fili della sua creatività: lampade, paralumi, applique, borse, accessori, piccoli tesori della tradizione cordaia.

Uno spazio poetico, un unico materiale come fil rouge, un mestiere antico e non industrializzabile.

Fuori, la pietra corrosa dal tempo di uno dei più bei borghi dell’Umbria...














Be inspired! J


Follow my blog with Bloglovin

giovedì 21 maggio 2015

Arrivare in California partendo dal passato prossimo. Ma le scorciatoie servono?


La mia maestra delle elementari si chiamava Maria.

Era una signora preparata e distinta. 

A me sembrava già “vecchia” anche se avrà avuto più o meno la mia età di adesso. 

La mia scuola era in campagna, circondata da un giardino in cui stazionavano numerosi gatti in attesa dei resti della ricreazione. Il giardino era naturale come può esserlo solo il giardino di una piccola scuola di campagna: erba, prati di margherite e conifere.

Per me era il giardino, qualificato da quegli alberi che mi sembravano enormi, diversi da tutti quelli dei boschi vicini, nobilitati dallo scopo di ornamento ma soprattutto: non erano semplicemente cresciuti, qualcuno li aveva piantati.

Da scuola a casa c’era un cammino di circa mezz’ora, a meno di scorciatoie.

Le scorciatoie consistevano nell’intervallare il tragitto con brevi percorsi nei boschi o in grossi tubi sotterranei di cemento per lo scolo dell’acqua. Camminavamo carponi in fila indiana, i miei compagni ed io, nelle oscure condotte polverose, scansando piccoli animali e ragnatele e arrivando a destinazione in quelle condizioni pietose che di solito comportavano una ramanzina e la minaccia di passare, la prossima volta, alle vie di fatto. Né l’una né l’altra riusciva a smorzare il brivido davanti all’imbocco dei tunnel e abbiamo smesso solo quando sono diventati troppo angusti per la nostra taglia.

Perché vi racconto tutto questo?

Perché mi piace pensare che il percorso di chi scrive in questo Blog sia fatto di buoni maestri ma non di strade maestre e che prima o poi quel misto di incoscienza, timore e sbruffoneria possa riaffiorare, da qualche improbabile via, sul ciglio di una nuova carreggiata.

Per dire: nello storytelling sui tessuti siamo partiti da Tübingen, passando per Bayeux e Matisse. La mind map prevedeva ora Toile de Jouy ma il caso ha deciso Macramè e Aldina.

Chi è Aldina e che c’entra il Macramè con i tessuti?

Ne parleremo nel prossimo post naturalmente! Stay tuned! J

P.S. Al momento di scegliere le foto mi è tornata in mente un’altra scuola, questa.

E dunque ecco qui, un po’ della vecchia California. J

California - Bodega Bay

California - Bodega Bay

California - Bodega Bay

California - Bodega Bay


California - Bodega Bay

California - Bodega Bay

P.P.S. Le foto 1-2-3 sono quelle della vera scuola elementare di Bodega Bay, le altre quelle dell'edificio scelto da Hitch per la scuola de "Gli uccelli".

Follow my blog with Bloglovin

giovedì 14 maggio 2015

5 cose da evitare nella progettazione di un giardino e un paio di mosse vincenti

Stop and think era solita ripetere la mia insegnante di inglese ad alcuni alunni delle superiori, con un intercalare efficace non tanto per il significato letterale quanto intrinseco: dinne un’altra e avrai il voto che meriti.

Fermati e pensa

In questo post il nostro pensiero si sofferma sulle 5 cose da evitare nella progettazione di uno spazio verde.

1. Avere fretta. Conosco una giovane coppia che ha comprato una casa, dei mobili, un televisore, un cane e, per qualche migliaia di euro, un giardino. Nel giro di poche settimane il fornitore ha diserbato, posato cespugli e prato pronto, collocato ciottoli, allestito perenni e stagionali. 

Una cosa tristissima.

2. Partire subito con  la lista dei vincoli o dei requisiti: zona, orientamento, panorama e vegetazione circostante, budget, misure, posizione dei pozzetti (acqua, gas e luce), sistema di irrigazione; schema cromatico.  Farsi domande, invece: perché un giardino? Perché è funzionale al proprio status? Per il cane? Per fare delle grigliate? Perché è figo? Perché si può instagrammare

3. Partire impreparati.  Bisogna studiare. Non limitarsi a un metro e una rivista ma lasciarsi incuriosire da chi sente l’odore dell’erba tagliata o il profumo del temporale, da chi interpreta il giardino come una canzone, un quadro, un’opera d’arte, da chi lo vive e sente l’emozione del sole di primavera che sgretola le zolle indurite dal gelo…

4. Manicure con gel. In giardino bisogna sporcarsi le mani. O i piedi J. Karel Kapek, nel suo saggio L’anno del giardiniere spiegava che il giardiniere non lavora con le piante ma con la terra. Si fa fatica e ci si sporca. Ci si procura qualche callo. E la manicure con il gel non aiuta. J

5. Parlare alle piante. Le piante non sentono. Facciamocene una ragione. Smettiamola di ascoltare la nostra voce. È il primo passo per percepire il loro silenzio.

Gli inglesi, padri del garden design, usano la parola “care”, noi “manutenzione” accompagnata spesso dall’aggettivo “bassa”. Un giardino a bassa manutenzione, con cespugli che non perdono mai le foglie, piante che non si devono potare, fiori che non sporcano…

Un non-senso. Piuttosto fermati. Ascolta. Prenditi cura. Avrai il giardino che meriti. J










P.S. Questo post doveva parlare del giardino dei colori e in particolare del blu  finché è virato verso altre direzioni. Ci arriveremo prima o poi, abbiamo solo allungato un po’ la strada. Stay tuned! 

Foto: 1-2-3-4-5-8 Normandia-Giverny, Saint-Vaast-la-Hougue, Le-Mont-Saint-Michel
6-7-9 Bretagna–Saint-Malo, Locronan, Dinan

Follow my blog with Bloglovin

giovedì 7 maggio 2015

Le cose che so del blu

La volta a botte della magnifica Cappella degli Scrovegni a Padova affrescata da Giotto intorno al 1300 con scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento è interamente dipinta di blu oltremare, colore associato alla sapienza divina, ottenuto con preziosa polvere di lapislazzuli e azzurrite.
Emanuela Pulvirenti, www.didatticarte.it

Padova - Cappella degli Scrovegni
Prima ancora di arrivare in fondo alla frase affiora un vago ricordo che non riesco a focalizzare, così farfuglio un “ma ti ricordi se in Fantasia di Walt Disney ci fosse qualcosa di blu?”. Ne ricevo in cambio uno scandalizzato e inequivocabile sguardo di disapprovazione e la visione immediata della “Rapsodia in blu” nella versione del 2000 (tutto comincia con una singola furtiva nota del clarinetto e una semplice riga su un pezzo di carta….).
Walt Disney - Fantasia



Continuo a elucubrare.

Rammento che:
1. Vasilij Kandinskij ha descritto i colori in base alle sensazioni e alle emozioni che suscitano in chi guarda paragonandoli a strumenti musicali: l’azzurro indifferente e distante del flauto, il blu profondo e drammatico del violoncello. D’altra parte per lui “il colore è un mezzo per esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde“...
2. a partire dal 2000 Pantone sceglie un colore rappresentativo dell’anno ed è il Cerulean (per inciso, il colore del 2015 è il Marsala)
3. turchese è il colore dei gioielli Navajos che ho visto in vendita nei mercatini della Monument Valley
4. quattro è il valore assegnato dal poeta e drammaturgo J.W. von Goethe al blu. Fu il primo ad assegnare un numero ad ogni tonalità: nove al giallo, otto all’arancione, sei al rosso e verde, tre al viola per cui nell’accostamento di colori il modo più semplice per ottenere armonia è associare tonalità con valori di luminosità inversamente proporzionali alla superficie che occupano
5. il blu, nella scala Kelvin, ha una temperatura di 16.000K.

Ci sarebbero poi gli “Uomini Blu” ma questa è tutta un’altra storia…

Nell’arredamento, così come nell’arte, nella fotografia, nel cinema, la vastità del tema è quasi scoraggiante. Insomma, si fa presto a dire blu, ma a volersi limitare a poche personalissime pennellate ecco la mia short list di irrinunciabili:
1. una persiana provenzale azzurro polvere da riutilizzare come elemento di arredo
2. ceramiche Royal Delft per decorare un angolo della cucina
3. un frigorifero azzurro, estetica vintage anni ‘50
4. un daybed Padua - Acqua di Designers Guild
5. una lampada Loft - Pastel Blue di Jieldé

Il blu in giardino è un altro tema che mi sta molto a cuore e ne parleremo approfonditamente nel prossimo post. Nel frattempo qualche immagine, rigorosamente blu. Be inspiredJ
Marsiglia, finestra blu










P.S. Tra i “trucchi” per essere creativi suggeriti del divulgatore Jonah Lehrer c’è anche “lavorare circondati dal blu” che favorisce, pare, il pensiero associativo.

Foto 1-3-5-7-9: Provenza, Arles; Barcellona, Casa Battlò; La Mancha, Campo de la criptana; Languedoc-Roussillon, Narbonne; California, San Francisco



Follow my blog with Bloglovin