mercoledì 22 giugno 2016

Giovanna corre

Le ribellioni individuali, posto che esistano, sono destinate al fallimento.
 (Guida alla Roma ribelle, Voland 2013)

Fatico un po’ a trovare una posizione e continuo a spostarmi nel poco spazio non occupato del muretto che circonda uno degli alberi di Piazzale Ponte Milvio, che svetta proprio di fronte al Bar-Libreria Pallotta. Evito per un pelo di finire su una macchia di liquido scuro non ben identificato. 
Libri&Bar Pallotta - Piazzale Ponte Milvio 21/24,RomaSaranno più o meno le dieci di sera, la libreria è aperta per Letti di notte, sul palco improvvisato nella piazzetta, con gli ospiti seduti su un vero letto, il cantore della serata presenta faticosamente una guida, tra le incursioni del Bus Challenge e gli intermezzi musicali di librai con il tamburo. Mi raggiungono, nonostante il rumore delle chiacchiere e della città, le parole ex snia e la mia attenzione ne è immediatamente catturata. Mi sposto più avanti per sentire meglio. 

Si parla della Guida alla Roma ribelle, un volume che racconta la vocazione sovversiva e libera di Roma attraverso luoghi sparsi un po’ ovunque nella città.

Questa parola, ribelle, mi appartiene come poche altre. "Fossi nata nel Medioevo ti avrebbero bruciata subito", ebbe a dire una volta mia madre:-). 

Nel tempo ho smesso di accapigliarmi con chiunque anche per futili motivi ma continuo a parteggiare per quelli che hanno vocazione alla rivolta, come Roma. La Roma ribelle. La Roma della memoria che parte da Menenio Agrippa e dalla Basilica di Massenzio, passa per Giordano Bruno, il cimitero acattolico, la Repubblica Romana, i quartieri popolari dove nacque e crebbe la resistenza, e arriva nelle piazze dei punk e degli artisti, nei punti di ritrovo dei movimenti studenteschi, nelle occupazioni delle case e nei luoghi di culturaLa Roma di chi vuole andare oltre la cortina fumogena dei luoghi comuni sedimentati nel tempo.

A questa città mai sconfitta e ai luoghi della sua ribellione dedico il racconto di Giovanna, donna anticonformista, ribelle e straordinaria, uno di quei racconti che riecheggiano lievi nelle piazze alberate in queste lunghe sere d’estate.
Libri&Bar Pallotta - Piazzale Ponte Milvio 21/24,Roma
Libri&Bar Pallotta - Piazzale Ponte Milvio 21/24,Roma

Giovanna corre
di Alessandro Borgogno

Giovanna cammina sul marciapiede.

Ha appena preso il pane in uno dei posti dove ogni tanto si trova, se si è pronti e si sa dove andare. Cammina a passo spedito lungo via Labicana, che scende larga e luminosa verso il Colosseo.

È una ragazzina di 16 anni, ma in quegli anni a Roma non si può essere ragazzini, perciò in realtà è già quasi donna. Ha ancora l’incoscienza naturale della sua età, ma ormai da tempo anche la coscienza del pericolo, della paura, del sacrificio.

La giornata è chiara e limpida, l’aria tiepida. Pochissimi rumori. Automobili, già rare, nessuna.

Ma che ci sia qualcosa nell’aria si sente da giorni, del resto è tanto che ormai a Roma ogni giorno accade qualcosa.

Non ha guardato il calendario prima di uscire, forse neanche lo aveva. Sa solo che ormai è giugno; e a Roma, a giugno, l’estate è già iniziata.

È il 4 Giugno del 1944.

Il Colosseo, le arcate aperte sul cielo, appare stanco. Soffre con la sua città e la sua gente da mesi in ostaggio dell’occupante, minacciata, torturata, inseguita, uccisa, affamata. Eppure, lì in fondo alla strada, si mostra sempre bellissimo. Per Giovanna e per tutti i romani, un motivo in più fra i tanti per voler continuare a vivere.

Il rumore dei motori è quasi improvviso. E’ ancora lontano ma nel silenzio rimbomba netto e minaccioso. Non sono aerei. Sono automezzi, camionette, camion.

Stanno arrivando da San Giovanni. Potrebbe essere un normale convoglio come ne passano tanti eppure c’è qualcosa di diverso. Come andassero più veloci, e non ordinati come al solito. E poi c’è un altro rumore insieme a quello dei motori, più intermittente e più sinistro.

Quando capisce che qualcosa che non va hanno già imboccato lo stradone. Li vede da lontano e distingue benissimo tutto, ha una giovane vista da lince. Jeep tedesche, inconfondibili. Ma diversamente dal solito, sembra stiano scappando inseguiti da qualcuno.

Ormai sono abbastanza vicini da distinguerne divise e facce. Il rumore che si sentiva erano raffiche di mitra. Staranno pure scappando, ma sventagliano con i mitra a destra a sinistra, verso i marciapiedi, incattiviti e feroci.

Capisce in un attimo che si trova proprio sulla loro strada, e che una di quelle raffiche è destinata a falciarla lì, sul marciapiede, proprio il giorno in cui Roma si prepara alla sua prima estate da città libera.

Rat-ta-ta-ta-ta-ta-ta.

La strada è lunga, dritta, e non ha traverse a portata di gambe. E allora fa la cosa che gli riesce meglio, che gli è sempre riuscita meglio.

Giovanna corre.



Tratto da: Un'estate a Roma, Giulio Perrone Editore


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mercoledì 8 giugno 2016

Il lago di Roma

Ufficialmente si chiama "Sandro Pertini" ma per gli abitanti del quartiere Pigneto-Prenestino, è il lago ex-Snia. Snia sta per Snia Viscosa la fabbrica che popolò quest'area della capitale negli Anni '20 in poi: oltre 2 mila operai, più del 50% donne, provenienti chi da altre regioni, chi dai borghi del centro. Poi nel 1954 la fabbrica venne chiusa (Ansa Magazine)

Hanno strane storie le ex fabbriche di Roma. 

Questa è proprio dietro casa. Dietro casa nell'accezione di chi a Roma vi abita, ovvero raggiungibile in un tempo inferiore alla mezz'ora, in un luogo dove per andare “ovunque” ci vuole minimo un’ora, escludendo la ricerca del parcheggio. 

Lo stabilimento Snia viscosa prima della crisi del ‘29 conta più di 2.300 addetti. 

Nel giro di un paio d’anni ne perde un migliaio e solo gli aiuti statali la salvano dal fallimento legando inesorabilmente la sua storia a quella del Regime fascista e della politica di guerra (produce, tra le altre cose, uniformi militari). Nel 1949 impiega ancora 1.600 operai, ridotti a 120 nel giro di pochi anni fino alla chiusura definitiva, avvenuta nel 1954.

Nel 1982 il complesso dell’ex fabbrica passa alla Società Immobiliare Snia S.r.l. che negli anni ’90 vende l’intera proprietà alla società Pinciana 188 S.r.l. (poi assorbita dalla Ponente 1978 S.r.l., proprietà di un noto palazzinaro romano) per farne un Centro commerciale. 

Nel 1992, poco dopo l’inizio dei lavori, uno sbancamento nel cantiere di circa 10 metri intercetta una falda acquifera e si forma un lago. Nel tentativo di liberarsi dell'acqua il costruttore la indirizza verso il collettore fognario, che però non ce la fa, allagando largo Preneste.

Infinite volte passo lungo questa arteria cittadina, in uno dei quartieri multietnici a più alta densità urbana di Roma, un amalgama di razze e di strade che si incrociano: via Prenestina, via di Portonaccio, via dell’Acqua Bullicante, il traffico è sempre congestionato, il transito del tram è continuo, un chioschetto sforna pane ciociaro cotto a legna... 

Allagare Largo Preneste. Che bella idea.

Da questo momento in poi l’intera faccenda si ingarbuglia parecchio, ma il lago dietro il muro di mattoni di Via di Portonaccio resiste, e da più di vent'anni centri sociali, comitato di quartiere, cittadini, WWF, Forum Territoriale Permanente del Parco delle Energie lottano per preservarlo dall'incuria e dalla corruzione.  

Lottano contro la mancanza di fondi per l’allestimento e la riqualificazione degli spazi verdi, lottano contro il ritorno delle gru e dei cingolati, contro il pericolo di “torri” di cemento, contro la burocrazia e il malaffare, lottano affinché si arrivi a una vera tutela con la trasformazione in monumento naturale e la demolizione degli abusi edilizi mai bonificati.

Nell'agosto 2014 una parte del lago (circa la metà) è stata annessa al Parco delle Energie ma i fondi stanziati per la sistemazione dell’area (500.000€) non sono mai stati resti disponibili e oggi è autogestito da tutti coloro che vogliono partecipare costruendo arredi, pannelli, pulendo l’area, mettendo a disposizione le proprie competenze e autofinanziato con la cassa di resistenza del 25 aprile.

Dall'ingresso del Parco delle Energie di via Prenestina il lago non si raggiunge. 

Superato il cancello parte un viale costeggiato sulla sinistra di edifici in disuso, a cui vegetazione e street art restituiscono un fascino vagamente nostalgico.  Più avanti un campo da Basket. Mentre osservo i ragazzi più grandi allenare i piccoli, una ragazza si stacca dal gruppo. Bellissima, tratti orientali, lunghi capelli neri, calze che terminano sul ginocchio con la forma di una testa di gatto, incedere annoiato. Sembra un manga, un’apparizione evocata da uno dei mondi colorati presenti in ogni angolo di questo strano parco. 


Lago Ex Snia, Roma - Street art

Lago Ex Snia, Roma - Street art
Lago Ex Snia, Roma - Parco delle Energie

Lago Ex Snia, Roma - Parco delle Energie

Lago Ex Snia, Roma - Parco delle Energie

S’intravede il tentativo di dare forma agli spazi verdi ma gli alberi piantati stentano a crescere, le panchine di legno sono quasi tutte rotte, i cespugli di lantana delle aiuole sono soffocate dalle erbacce, si direbbe la rivincita del jardin sauvage o del Terzo Paesaggio. Solo i giochi dei bambini risuonano delle loro grida divertite. Mi chiedo se i loro sguardi, crescendo, sentiranno di più la necessità di bellezza o se questo luogo li renderà ciechi all'abbandono e al degrado.

Un buco nella recinzione permette l’ingresso abusivo in un sottobosco di allori dove un sentiero cosparso di preservativi e fazzoletti di carta conduce a un affaccio. 
Lago Ex Snia, Roma - Parco delle Energie


Eccolo, in lontananza, il lago di Roma. Diecimila mq d’acqua, addirittura balneabile dicono. Da qui sembra una pozza ma è abbastanza per far galoppare la mia fantasia verso orti galleggianti, macchie rosa di fenicotteri, grandi cespugli di Buddleja, minuscoli giunchi palustri e qualche salice piangente, capanne di legno per l'osservazione degli uccelli, mercati coperti al posto delle vecchie fabbriche. 

Lago Ex Snia, Roma - Parco delle Energie



Lago Ex Snia, Roma - Parco delle Energie
E perché no? Una scuola di pittura en plein air! ;-)
Giverny - Giardino di Monet - Ninfee
Giverny - Giardino di Claude Monet - Ninfee




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