Si parla da tempo dell’invecchiamento della popolazione mondiale (entro il 2030 un miliardo di persone avrà più di 65 anni) e non si può non tenerne conto, a meno di non essere tra le aziende produttrici di cioccolatini che a giudicare dalle ultime campagne marketing sembra essere un prodotto destinato ad un pubblico non-anziano.
Giovanna Cosenza (in un bel saggio che trovate qui) ritiene che le barriere di età siano tra le più difficili da abbattere nei paesi più ricchi, assieme a quelle legate alla provenienza geografica e al genere sessuale. Anche su Internet Age, Sex e Location sono di solito le primissime domande con cui si comincia una chat, le coordinate minime (anche quando si mente spudoratamente).
È di questo mondo sfaccettato e multiforme che invecchia ma aspira al Trans-Age e coltiva fino all'ultimo interessi e divertissement, che qualcuno - governi, organizzazioni, aziende - comincia a preoccuparsi.
E quel qualcuno dovrà garantire l’economia della conoscenza, il soddisfacimento di bisogni primari e non, la risoluzione di problemi pratici: attraversare indenni estati roventi e inverni gelidi, utilizzare un mezzo pubblico progettato per chi si muove lento o con difficoltà di deambulazione, raggiungere facilmente il prodotto sullo scaffale, poter leggere un’etichetta che non sia scritta troppo piccola, coltivare la propria socialità e il tempo libero (cinema, musei, ristoranti, biblioteche, università, …), mantenersi in buona salute, non essere sepolti vivi nel cemento; dovrà proporre e sostenere nuovi modelli di ruolo (per noi signore possibilmente che non sia Milf), nuovi modelli di urbanistica sostenibili, nuovi modelli di verde urbano, nuovi modelli comunicativi; dovrà preservare il passato e la memoria; dovrà ripensare i consumi: si incrementeranno i sonniferi, le parafarmacie, i telecomandi, i corsi di pilates? Scompariranno le minigonne? Serviranno ancora le piste ciclabili? E il nonno vigile? Non si alzerà più nessuno in metropolitana? Smetteremo di tingerci i capelli?
Ma la cosa più difficile forse è immaginare che quei vecchi siamo noi. Noi che diciamo “perculare” e “spoilerare”, noi che cogliamo i segnali deboli, che ci innamoriamo ogni giorno per sempre su Internet e come mai prima infiliamo nelle chat sentimenti effimeri e assoluti che durano il tempo di una lucciola d’estate.
E allora quel qualcuno dovrà raccontare luoghi, città, paesi meno distopici e fantascientifici, luoghi popolati da quella umanità contraddittoria e sciagurata di cui tecnologie, innovazione, comunicazione, sono corollario e ausilio ma mai la questione principale. Che non è fatta di pixel instagrammati ma di ossa, carne, sangue, anima. E quella, si sa, non invecchia.
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