venerdì 19 febbraio 2016

Il verde altrove: l’edificio foresta di Chiabrera e i confini sfumati

È spiacevole che al grido della palingenesi: “Natura, natura!” (nel qual grido si colgono per altro toni giustissimi) certuni abbian ricusato di prendere a considerare con serenità i fenomeni dell’artificio o vita meccanica. Una centrale telefonica automatica; una stazione radio; un palcoscenico moderno costituito dalle più artificiose disposizioni meccaniche, fotogenetiche, elettriche: non sono men reale natura che il sulfuroso vulcano, o l’arido greto del torrente, o lo sterco delle bestie quadrupedi, o bipedi. Quei fatti della invenzione son fatti e sono dunque natura: ché la mente disegnatrice è natura e la storia degli uomini tutta è natura (Carlo Emilio Gadda - Meditazione milanese).


Quando decisi di aprire questo Blog ne avevo per prima cosa ben definito il perimetro all'interno di poche specifiche categorie. Per aiutare il lettore a riconoscerle il nome della categoria faceva parte del titolo del post ad evocare immaginazione, contaminazione e racconti collocati altrove, in luoghi fuori dall'ordinario: del resto le storie che ci somigliano raccontano di quelli che cambiano le regole.

Nel giro di qualche mese il confine è sfumato, le parole hanno cominciato a fluire liberamente e anche la categorizzazione è naturalmente scomparsa dal titolo mentre il luogo dove nascono le storie continua ad essere l’ universo metropolitano, del resto “La città è lo spazio romanzesco per eccellenza”.

Sarà tuttavia che il cemento non piace a nessuno. Sarà per quel grigio polveroso che bisogna imbellettare con grandi vetrate, rivestire di pietra, mischiare con il legno, ammantare di riflessi e di verde.

E proprio il verde sembra essere per gli abitanti delle nostre città l’unica ancora di salvezza, l’illusione della natura, la botte piena e la moglie ubriaca, il tutto sotto casa a portata di mano e  il guerriglia gardening, il tetto verde, l’orto collettivo, il riuso creativo, il bosco verticale, i giardini in terrazzo, le corti nascoste, il salotto verde sul balcone, il bosco sociale, la bicipolitana (anche Marc Augé salì un giorno in bicicletta).

Al 25 verde

In una mattinata d’inverno non troppo fredda appare Torino con il suo cielo grigio e la quiete dell’ora presta. Vado di nuovo alla ricerca di alberi, stavolta in via Chiabrera a pochi passi dal Parco del Valentino e dal Centro Storico Fiat.

Alberi di Cor-ten e stanze di un edificio-foresta che hanno richiamato l’attenzione a livello nazionale ed internazionale. Un blocco a corte interna di circa 60 appartamenti (11.500 mq di cui 4.000 di terrazzi e tetti verdi).

L’idea all'architetto Pia dev'essere venuta pensando a Maometto: se non si può costruire una casa nel parco, si può sempre portare il parco in casa. Così in copertura verde pensile, in facciata verde verticale, in mezzo all'edificio un giardino, sui balconi grandi fioriere. E poi l’uso di tecnologie innovative volte al risparmio energetico e a garantire un basso impatto ambientale: isolamento termico (cappotto, serramenti), regolazione del comfort, raccolta dell’acqua piovana ed economizzatori...

John Dewey ricordava negli anni venti che il termine greco techne indica quel che poi verrà chiamato arte: la tecnica pensata  nella continuità fra opere della natura e opere dell’uomo, fra il poiein del mondo fisico-biologico e il produrre della tecnica umana, perchè per colorare un mondo grigio servono espedienti tecnici, funzionali, compositivi ma servono soprattutto confini sfumati.


25 verde

25 verde

25 verde

25 verde


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