“La prima immagine che affiora alla mente pensando
al connubio cinema+architettura è quella di Gary Cooper nei panni
dell’architetto Howard Roark, ispirato a Frank Lloyd Wright, che nel film La fonte meravigliosa fa saltare in aria
un suo edificio perché non realizzato come voleva. Era il 1949. Dopo questa
data l'architettura è stata per lo più ignorata dai registi.”
Potevo finire qui la lettura dell’inutile articolo
di Geoffrey Macnab dell’Independent da cui è tratto l’inciso ma provo, per
completezza, ad arrivare in fondo.
Confermo la prima impressione, articolo superfluo
e inattendibile su Le Cattedrali della Cultura (in questi giorni al Milano Design Film Festival) e Wim Wenders, curatore della serie,
che a sua volta sembra non trovare di meglio che affermare che “il cinema usa
gli edifici come sfondi non come personaggi.”
Il
cinema usa gli edifici come sfondi e non come personaggi?
Ci vengono in mente, di getto e in ordine sparso:
la villa di Kane in Quarto Potere di
Orson Welles e la casa ispirata a Wright nel finale di Intrigo internazionale di Hitchcock, il palazzo e cortile di La finestra sul cortile, (e anche un
Hitch più vecchio, la casa maniero di Rebecca
la prima moglie, protagonista assoluta della storia), e poi Psycho,
Amityville Horror, Poltergeist… E l'albergo di Shining di Kubrick, La casa dalle finestre che ridono e Il nascondiglio di Pupi Avati, la villa del bambino urlante di Profondo Rosso, il condominio romano
dell'era fascista di Una giornata
particolare o La Terrazza di
Ettore Scola. E ancora La camera verde
di Truffaut…
E se non bastassero questi esempi, le Kontaminazioni
e gli approfondimenti di questo blog
per confutare l’argomento, stay tuned, abbiamo ancora qualcosa da
raccontarvi nei prossimi postJ.
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