Le ribellioni individuali, posto che esistano, sono destinate al fallimento.
(Guida alla Roma ribelle, Voland 2013)
Fatico un po’ a trovare una posizione e continuo a spostarmi nel poco spazio non occupato del muretto che circonda uno degli alberi di Piazzale Ponte Milvio, che svetta proprio di fronte al Bar-Libreria Pallotta. Evito per un pelo di finire su una macchia di liquido scuro non ben identificato. Saranno più o meno le dieci di sera, la libreria è aperta per Letti di notte, sul palco improvvisato nella piazzetta, con gli ospiti seduti su un vero letto, il cantore della serata presenta faticosamente una guida, tra le incursioni del Bus Challenge e gli intermezzi musicali di librai con il tamburo. Mi raggiungono, nonostante il rumore delle chiacchiere e della città, le parole ex snia e la mia attenzione ne è immediatamente catturata. Mi sposto più avanti per sentire meglio.
Si parla della Guida alla Roma ribelle, un volume che racconta la vocazione sovversiva e libera di Roma attraverso luoghi sparsi un po’ ovunque nella città.
Questa parola, ribelle, mi appartiene come poche altre. "Fossi nata nel Medioevo ti avrebbero bruciata subito", ebbe a dire una volta mia madre:-).
Nel tempo ho smesso di accapigliarmi con chiunque anche per futili motivi ma continuo a parteggiare per quelli che hanno vocazione alla rivolta, come Roma. La Roma ribelle. La Roma della memoria che parte da Menenio Agrippa e dalla Basilica di Massenzio, passa per Giordano Bruno, il cimitero acattolico, la Repubblica Romana, i quartieri popolari dove nacque e crebbe la resistenza, e arriva nelle piazze dei punk e degli artisti, nei punti di ritrovo dei movimenti studenteschi, nelle occupazioni delle case e nei luoghi di cultura. La Roma di chi vuole andare oltre la cortina fumogena dei luoghi comuni sedimentati nel tempo.
A questa città mai sconfitta e ai luoghi della sua ribellione dedico il racconto di Giovanna, donna anticonformista, ribelle e straordinaria, uno di quei racconti che riecheggiano lievi nelle piazze alberate in queste lunghe sere d’estate.
Libri&Bar Pallotta - Piazzale Ponte Milvio 21/24,Roma |
Giovanna corre
di Alessandro Borgogno
Giovanna cammina sul marciapiede.
Ha appena preso il pane in uno dei posti dove ogni tanto si trova, se si è pronti e si sa dove andare. Cammina a passo spedito lungo via Labicana, che scende larga e luminosa verso il Colosseo.
È una ragazzina di 16 anni, ma in quegli anni a Roma non si può essere ragazzini, perciò in realtà è già quasi donna. Ha ancora l’incoscienza naturale della sua età, ma ormai da tempo anche la coscienza del pericolo, della paura, del sacrificio.
La giornata è chiara e limpida, l’aria tiepida. Pochissimi rumori. Automobili, già rare, nessuna.
Ma che ci sia qualcosa nell’aria si sente da giorni, del resto è tanto che ormai a Roma ogni giorno accade qualcosa.
Non ha guardato il calendario prima di uscire, forse neanche lo aveva. Sa solo che ormai è giugno; e a Roma, a giugno, l’estate è già iniziata.
È il 4 Giugno del 1944.
Il Colosseo, le arcate aperte sul cielo, appare stanco. Soffre con la sua città e la sua gente da mesi in ostaggio dell’occupante, minacciata, torturata, inseguita, uccisa, affamata. Eppure, lì in fondo alla strada, si mostra sempre bellissimo. Per Giovanna e per tutti i romani, un motivo in più fra i tanti per voler continuare a vivere.
Il rumore dei motori è quasi improvviso. E’ ancora lontano ma nel silenzio rimbomba netto e minaccioso. Non sono aerei. Sono automezzi, camionette, camion.
Stanno arrivando da San Giovanni. Potrebbe essere un normale convoglio come ne passano tanti eppure c’è qualcosa di diverso. Come andassero più veloci, e non ordinati come al solito. E poi c’è un altro rumore insieme a quello dei motori, più intermittente e più sinistro.
Quando capisce che qualcosa che non va hanno già imboccato lo stradone. Li vede da lontano e distingue benissimo tutto, ha una giovane vista da lince. Jeep tedesche, inconfondibili. Ma diversamente dal solito, sembra stiano scappando inseguiti da qualcuno.
Ormai sono abbastanza vicini da distinguerne divise e facce. Il rumore che si sentiva erano raffiche di mitra. Staranno pure scappando, ma sventagliano con i mitra a destra a sinistra, verso i marciapiedi, incattiviti e feroci.
Capisce in un attimo che si trova proprio sulla loro strada, e che una di quelle raffiche è destinata a falciarla lì, sul marciapiede, proprio il giorno in cui Roma si prepara alla sua prima estate da città libera.
Rat-ta-ta-ta-ta-ta-ta.
La strada è lunga, dritta, e non ha traverse a portata di gambe. E allora fa la cosa che gli riesce meglio, che gli è sempre riuscita meglio.
Giovanna corre.
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