In effetti, Leonardo una casa non ce l’ha mai avuta.
Gran viaggiatore, spesso suo malgrado. Ospite di molti grandi Principi ma quasi mai a casa propria. Ancor più spesso costretto a cambiare casa e ambiente perché già il Rinascimento pretendeva tempi di realizzazione rapidi e concretezza a cui mal si adattava il suo metodo di lavoro, così incline alla riflessione e al tornare molte volte sul già fatto per correggerlo e perfezionarlo.
E così assai poco ci rimane anche delle case che ha abitato, scomparse, cambiate e modificate nei secoli da cambiamenti storici e ospiti successivi.
Però… però una possibilità interessante di entrare in qualche casa di Leonardo esiste. E non si tratta di case qualsiasi. Si tratta dei luoghi e degli ambienti in cui visse agli estremi della sua lunga e straordinaria vita.
La sua casa natale, e la casa in cui morì.
La prima, forse di dubbia autenticità ma sicuramente verosimile nell'aspetto e nel luogo, si trova ovviamente a Vinci, sulle colline di Anchiano. Di certo quelle sono le colline e quella è l’aria che respirò da ragazzo (come recita anche la lapide che ricorda il conte di Bagnano che i primi del novecento volle che quella antica casa patronale fosse ricordata come quella di Ser Piero da Vinci, padre naturale del piccolo illegittimo Leonardo).
Interessante e anche commovente entrare in quelle stanze austere, spoglie, tipici ambienti quasi rurali del quattrocento fiorentino, e immaginare quel piccolo ragazzo vivace e straordinariamente curioso di tutto ciò che lo circondava. Genialmente curioso.
Ben diversa la dimora che vide i suoi ultimi anni.
E’ in Francia, perché la patria italica come spesso ha fatto con tanti dei suoi figli migliori alla fine lo respinse. Ed è in Francia perché chi invece lo cercò con insistenza e alla fine lo accolse con tutti gli onori fu proprio il Re di Francia Francesco I. Strano Re, volubile e incostante nelle sue doti politiche e ancora più in quelle militari, ma con le idee chiarissime sull'arte e sull'importanza della cultura.
E’ suo il merito di aver portato in Francia Leonardo, che si portò dietro anche diverse sue opere, quelle a cui più teneva, e che oggi vengono visitate da milioni di persone nelle sale del Louvre (opere di legittima proprietà francese quindi, e non rubate all'Italia come ancora qualcuno continua ogni tanto a sostenere). E’ curioso, ed istruttivo, pensare a quanto ancora oggi la Francia sia debitrice della fame di cultura del suo Re Francesco I, e quanti soldi ancora oggi porti nelle casse dello stato francese la sua intuizione rinascimentale. Di certo molto più di quanto fanno oggi tante conquiste e tante guerre portate avanti da altri Re e Imperatori più battaglieri ma assai meno intellettuali.
E perciò per andare a trovare davvero Leonardo nella sua ultima e forse unica vera casa dobbiamo spostarci nella Loira, straordinaria regione resa ancor più tale dai castelli che Re e Imperatori fecero costruire fra le sue campagne e le anse dei suoi fiumi. Ed è proprio un piccolo castello che il Re diede praticamente in dono al genio di Vinci. Si chiama Le Cloux-Lucè, e si trova ad Amboise, a qualche centinaio di metri dal castello dello stesso Sovrano.
Si, perché Francesco voleva avere Leonardo sempre a portata di mano, di voce e di orecchio. Gli mise a disposizione l’intero castello e la sua tenuta, e lo pagava con un generoso stipendio, senza chiedere nulla in cambio. Non volle dipinti, lavori, macchine da guerra o altri servigi come tutti gli altri signori avevano preteso da lui, trovando regolarmente modo di lamentarsene. Gli bastava stesse lì e potesse usare il tempo a sua disposizione come meglio credeva. A disegnare codici, a passare per l’ennesima volta la milionesima pennellata invisibile sulla sua Gioconda, a comporre musiche che avrebbe ascoltato solo la sua corte, e soprattutto a poter discorrere con lui di filosofia, di natura, di arte. Questo per il sovrano era motivo più che sufficiente di orgoglio e di soddisfazione, e ben valeva la cifra e l’impegno che un ospite del genere comportava.
In quelle stanze sì che troviamo l’ambiente di Leonardo, disposizioni e arredamenti tipici delle corti rinascimentali. Il suo studio, il suo laboratorio, le cucine, e la sua camera, con il letto dove esalò il suo ultimo respiro.
Difficile forse trovare davvero tracce del suo genio negli ambienti e nelle stanze dove ha vissuto, ma di certo non ci mancano prove di questo in tutta la sua opera, dai quadri ai disegni agli scritti ai progetti. Di sicuro però entrare in quelle camere non potrà mai lasciare indifferenti.
Ci si respira la grandezza dell’intelletto umano quando questo riesce ad esprimersi ai suoi livelli più alti.
Ci si coglie con nettezza la capacità di un artista di rendere immortali anche pareti, mobili e suppellettili comuni con la sua sola presenza.
O meglio, con la presenza delle sue idee che le riempivano e le animavano.
P.S. Sull'episodio del “falso” la questione riguarda questo quadro:
E’ un quadro piuttosto famoso, ha un’importanza storica notevole, ed è artisticamente molto bello.
E’ del grande pittore ottocentesco Ingres, e rappresenta la morte di Leonardo da Vinci, che lascia il suo mondo terreno fra le braccia del Re di Francia Francesco I, proprio nel letto del castelletto di Amboise dove l’aveva ospitato nell'ultimo periodo della sua vita.
Il quadro rappresenta l’importanza che ha avuto Francesco I per la vita di Leonardo e che Leonardo ha avuto per la Francia e per la cultura francese nei secoli a venire fino ad oggi (ed anche per la sua economia!).
Racchiude in una sola immagine, commovente e simbolica, la Francia e il suo Re che accolsero a braccia aperte Leonardo e gli diedero un luogo per invecchiare, dove fosse riconosciuto per la sua grandezza e un letto per morire in modo dignitoso, nel momento in cui in Italia non aveva più neanche una casa né qualcuno che davvero volesse ospitarlo.
L’unico particolare è che l’episodio è, appunto, un falso.
Ma importa davvero che lo sia?
Leonardo non morì davvero fra le braccia di Francesco I. Il Re in quel momento era lontano e non poté essere presente fisicamente al suo trapasso ma tutto il resto è vero. Soprattutto il significato simbolico della scena.
Il dibattito è molto contemporaneo, quasi “istant”. Basti pensare che tra le diverse discussioni suscitate dall'ultimo film di Clint Eastwood (American Sniper) pare ce ne siano anche relative alla fedeltà del racconto filmico rispetto alla vera biografia del personaggio raccontato. In breve, l’episodio del bambino-terrorista che trasporta la bomba per attentare al carro, per quanto sicuramente verosimile e magari accaduto realmente in molte occasioni, sembra non sia mai accaduto al protagonista “reale” della biografia a cui il film si ispira.
La verità è che la questione dell’autenticità degli episodi storici e biografici rappresentati in forma artistico-narrativa affonda le sue radici molto lontano nel tempo e non abbiamo certo la presunzione di darne soluzione qui e ora.
Personalmente però continuo ad essere dell’idea che “Siamo nel west, senatore, e se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”... J
Cit. John Ford, L’uomo che uccise Liberty Valance
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