Analizzare un quadro in tre mosse: un caso pratico

di Anna Pompilio e Alessandro Borgogno

La prima tappa del viaggio nelle storie dell’arte ci ha fornito gli strumenti per un’analisi dell’opera: Cosa, Come, Chi, Perché, Dove, Quando ovvero i materiali, la tecnologia, l’iconografia, lo stile, il linguaggio, l’iconologia, l’artista, il profilo culturale, il contesto storico… Nella sua vasta articolazione non è un approccio che può essere praticato sistematicamente, tuttavia anche uno schema semplificato può essere utilmente perseguito utilizzando in tal caso tre ambiti di ricerca: tecnica, soggetto, poetica

Lo vediamo nel caso pratico che abbiamo scelto: Le déjeuner sur l'herbe di Edouard Manet.




Nel 1863 venne presentato al Salon di Parigi un quadro di Edouard Manet, Le déjeuner sur l'herbe (La colazione sull'erba). Venne rifiutato dalla giuria, insieme ad altri trecento quadri di molti altri pittori. Proprio per questo gli artisti rifiutati al Salon vennero esposti in un altro Salone, il Salon dés Refusée e fra questi anche il quadro di Manet.  Anche qui, però, venne accolto piuttosto male, anzi diciamo pure che fece scandalo.

Fece scandalo proprio perché le componenti fondamentali dell’opera erano, concettualmente, scandalose. Anzitutto il soggetto, una donna completamente nuda in compagnia di due uomini completamente vestiti in abiti borghesi e una terza donna nuda che si bagna in uno stagno. E poi per lo stile, pennellate ampie con colori puri, alti contrasti di luce, prospettive e proporzioni non accademiche.



Mossa uno. La tecnica

Partiamo proprio dalla tecnica. Pur utilizzando il classico olio su tela, lo stile di Manet apparve in quel momento quasi rozzo rispetto ai canoni della pittura accademica dell’epoca. Il pittore sembra cercare il più possibile la sensazione luminosa, quasi anticipando gli impressionisti, accostando colori puri, senza velature o mescolanze. Per la prima volta ci si trova davanti a quell'effetto che poi si sarebbe visto tante volte, dove avvicinandosi al quadro si percepiscono nient’altro che macchie di colore, e soltanto allontanandosi si colgono le forme della composizione.  



Una simile rappresentazione contrastava in modo drastico con la visione classica che il pubblico conosceva e si aspettava. E proprio questo aspetto, che lasciò a dir poco interdetti pubblico e critica, provocò entusiasmo nei giovani pittori che videro nella sua innovazione, giustamente, la possibilità di usare i colori in totale libertà.
Inoltre il quadro non rispettava le proporzioni e la prospettiva secondo i canoni tradizionali. I personaggi sembravano quasi incollati su uno sfondo che presentava una diversa profondità, e la donna che esce dal fiume appariva sproporzionata rispetto alla barca in secco poco lì vicino. 




Insomma una serie di eresie tecniche e compositive che non si erano mai viste prima di allora!

Mossa due. Il soggetto

Non meno scandaloso apparì il soggetto scelto e soprattutto il suo sviluppo sulla tela. In un genere che si potrebbe inquadrare nel classico “pastorale”, con scene di soggetti immersi in scenari naturali, Manet rilegge in modo del tutto personale un quadro del cinquecento, il «Concerto campestre», di attribuzione tuttora contesa fra Giorgione e Tiziano, e al tempo stesso ricostruisce la composizione e le posizioni delle figure riprendendole da una incisione di Marcantonio Raimondi che riprendeva un soggetto di Raffaello, “Il giudizio di Parnaso”.



Ma se nei quadri rinascimentali le figure avevano precisi significati allegorici, rappresentavano ninfe, perciò la Natura, e gli uomini vestiti la civiltà, nel quadro di Manet questa allegoria viene ribaltata dall'apparente realismo della scena, e la presenza di una donna nuda in mezzo a uomini vestiti non appare più giustificata da mitologie o allegorie. Proprio la modernità e contemporaneità dei personaggi rendeva agli occhi del pubblico dell’800 la rappresentazione particolarmente oscena, tanto che lo stesso Manet, divertito da tanto scalpore, aveva soprannominato il suo quadro "Lo scambio di coppie".

Come si diceva, il quadro impressionò talmente gli altri pittori che pochi anni dopo Monet riprese lo stesso soggetto, e anche lo stesso titolo, per un'altra sua opera destinata a diventare giustamente famosa, dove si affacciavano le vibrazioni della luce che avrebbero poi reso famosa la sua arte. E ancora più tardi Picasso, come spesso gli accadeva, si concentrò su questo quadro realizzandone decine di studi per analizzarne tutti gli aspetti compositivi che lo rendevano così unico e particolare.




Mossa tre. La poetica

La fatidica domanda: qual è il senso dell’opera? Cosa trasmette? Trova in parte le sue risposte in quanto già si è detto. Sembra evidente che il primo obiettivo di Manet fosse colpire, rompere con la tradizione accademica dell’epoca e mostrare che la pittura poteva scavalcare i confini conosciuti e andare oltre i canoni tradizionali. Del resto la sua stessa biografia ce lo mostra in conflitto con le imposizioni di qualunque genere e natura. 

Da giovane rifiuta il percorso già scelto per lui dal padre che lo voleva giudice come lui. Si unisce al gruppo degli impressionisti ma contesta le loro posizioni indipendentiste insistendo a voler esporre al Salon come tutti i grandi pittori. Insomma con la sua irrequietezza Manet sembra cogliere in pieno l’esigenza della sua epoca, che era pronta, seppur con tutte le resistenze del caso, a fare un balzo verso una nuova concezione della pittura che non fosse più soltanto rappresentazione della realtà o  riproduzione di forme classiche, ma anche generatrice di sensazioni e di emozioni attraverso la più totale libertà di tecnica e di espressione. La sua personale ricerca, proprio in questa ottica di superamento della tradizione, continuerà a svilupparsi cercando la rottura proprio a partire dalle forme classiche. E poco dopo sarà ancora il cinquecento veneziano, e ancora Tiziano, a fornirgli lo spunto per la sua Olympia.

Che, neanche a dirlo, provocherà un altro scandalo.




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